Μέγαν εύρατο εν τοις κινδύνοις, σε υπέρμαχον η οικουμένη, αθλοφόρε τα έθνη τροπούμενον. Ως ουν Λυαίου καθείλες την δύναμιν, εν τω σταδίω θαρρύνας τον Νέστορα, ούτως Άγιε, μεγαλομάρτυς Δημήτριε, Χριστόν τον Θεόν ικέτευε, δωρήσασθαι ημίν το μέγα έλεος (Απολυτίκιο Αγίου Δημητρίου)

12 febbraio 2012

Domenica 12 febbraio 2012

Domenica 12 febbraio 2012. Si fa memoria della parabola evangelica del Figlio Prodigo. Tono  II. Si celebra la memoria del nostro Santo Padre Melezio di Antiochia e Antonio di Costantinopoli.
L
a preparazione alla Grande Quaresima prosegue con la domenica del Figlio Prodigo, anch'essa debitrice del nome dalla parabola raccontata da Luca (Lc 15, 11-32). 
            Il paese lontano verso cui si incamminò il secondogenito definisce la nostra condizione. Difficilmente un uomo che non ha mai fatto, seppur brevemente, questa esperienza di sentirsi esiliato, lontano da Dio e dalla vera vita, comprenderà cosa sia il cristianesimo. Così come chi si sente perfettamente a casa sua in questo mondo, che non è mai stato ferito dal desiderio nostalgico di un’altra realtà, difficilmente comprenderà cosa sia il pentimento. Se il pentimento fosse solo un elenco di peccati e trasgressioni, con l’ammissione di colpevolezza di fronte all’accusa formulata da un qualsiasi tribunale, la confessione e l’assoluzione assumerebbero una connotazione giuridica, perdendo una qualsiasi efficacia.

            Dio ci ha donato ricchezze meravigliose: la vita e la possibilità di goderne, di darle un senso, di riempirla di amore e di conoscenza; perdendo tutto continuamente, non solo nei peccati e nelle trasgressioni particolari, ma nel peccato di tutti i peccati: preferire il paese lontano alla bellezza della casa del Padre. Per questo la Chiesa, con la pedagogia liturgica, richiama alla memoria quanto ho abbandonato e perduto. E nella memoria posso ritrovare il desiderio e la forza di ritornare.
"Mi leverò e andrò da mio padre": forse la cosa più difficile è ammettere di avere sbagliato, e quante conseguenze ha questa incapacità nella vita familiare, nell'educazione dei figli, nella comunità cristiana, nella società. "Ho peccato contro il cielo e contro di te": inizia una nuova vita, da quel momento preciso. La disperazione che porta al suicidio, più o meno cosciente ed esplicito, lascia il posto ad una pace serena, piena di gioia e di riconoscenza. La confessione non è solo nei propri confronti, quasi cercando un autoassoluzione: è necessario andare davanti al Padre, nella confidenza certa che egli ci accoglierà a braccia aperte; anzi, ci sta aspettando.
            Negli uffici liturgici, il soggetto liturgico si identifica con il tipo evangelico: sono io il figlio che si era perduto. La prima strofa del Lucernario è una metafora agricola. "Dopo aver mietuto le spighe della negligenza, ho ammassato i mucchi di covoni delle mie opere, che ho anche disteso, ma non sull'aia della penitenza. Col vento della tua benevola compassione, disperdi come pula la paglia delle mie opere, e dà alla mia anima il frumento della remissione, rinchiudendomi nel tuo celeste granaio". Sono io il seminatore di zizzania e il cattivo mietitore: il peccato non viene dal mondo, viene da me; il peccato non è il paese lontano, ma è l'aver abbandonato completamente la propria casa, nella presunzione di un'autosufficienza, mentre la propria sostanza si consuma progressivamente fino ad esaurirsi quando si rimane lontani dal datore della vita. Il figlio dissipa la sua sostanza, tutto quello che aveva, vivendo da dissoluto. Ma sciupa anche se stesso, esaurisce il suo essere, la sua persona. Il dono paterno viene dilapidato in un paese lontano, dove sopraggiunge una carestia, in cui il figlio, estenuato, non può trovare altra risorsa che servire qualcuno diverso da suo padre, con una occupazione vergognosa per un ebreo, in quanto l'allevamento dei porci era proibito (Lv 11 e Dt 14). Egli avrebbe voluto saziarsi, riempirsi il ventre, la parte fisica della sua sostanza dilapidata, ma nessuno gliene dava. Dal paese lontano che non nutre la persona se non omogeneizzandola fino a ridurla a pascolare i porci, il figlio matura il proposito di avviarsi sulla strada del ritorno alla casa del Padre. Il ritorno in se stesso provoca l'esame di coscienza e il desiderio di salvarsi. 
La strofa che si canta al Gloria delle Lodi ricapitola quanto precede e stabilisce un parallelo tra le braccia spalancate del Padre e quello di Cristo distese sulla croce, facendo così un evidente riferimento pasquale che si personalizza in ciascuno di noi col sacramento del battesimo: "Padre buono, mi sono allontanato da te: non abbandonarmi, non dichiararmi inadatto per il tuo Regno. Il nemico maligno mi ha spogliato, togliendomi la mia ricchezza; ho dissipato da dissoluto le grazie della mia anima, ma ora mi sono risollevato, e tornando a te grido: trattami come uno dei tuoi mercenari, tu che per me hai disteso sulla croce le tue mani immacolate per strapparmi alla belva tremenda, e rivestimi delle prima veste, perché tu solo sei pieno di misericordia".
            La moderna esegesi, riprendendo alcuni temi patristici, ha sottolineato come non sia il solo figlio ad essere prodigo; ciascuno dei tre protagonisti della parabola, il padre e i due figli, è a suo modo prodigo: il padre lo è sicuramente di amore, di perdono, di misericordia, il figlio minore è prodigo di peccato e di pentimento, ma anche il figlio maggiore è sicuramente prodigo di orgoglio, cui però, invece del pentimento, accompagna il risentimento e l'invidia. Egli non riesce ad accettare come colui che ha dissipato il patrimonio familiare sia riaccolto in casa, gli sia ridata la dignità di figlio (l'anello), la libertà (i calzari, dato che gli schiavi andavano scalzi), e che addirittura si festeggi. Se il vitello grasso ha una valenza eucaristica, il capretto richiesto dal figlio maggiore, nella sua memoria dell'agnello pasquale, può essere il segno di una perdita di consapevolezza: l'eucaristia è un dono più che un diritto. La rigida logica del merito che il figlio maggiore rivendica, basata sul rigoroso rispetto di diritti e doveri e il conseguente disprezzo per trasgressori e trasgressioni, è diametralmente opposta alla logica del padre, che è la logica dell’amore, dove giustizia e diritto sono positivi solo se si compiono nell'amore, nel dono, nella comunione.
Al mattutino si legge il II Vangelo della Risurrezione (Marco 16, 1-8):
P
assato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?». Ma, guardando, videro che il masso era gia stato rotolato via, benché fosse molto grande.  Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.
Alla fine del piccolo Introito si canta:
Venite adoriamoci e prostriamoci davanti a Cristo! Salva o Figlio di Dio, che sei risorto dai morti, noi che a te cantiamo: Alleluia.
Apolytikion della Risurrezione:
Quando discendesti nella morte , o Vita Immortale, allora mettesti a morte l’Ade, con la folgore della tua divinità; e quando risuscitasti i morti delle regioni sotterranee, tutte le schiere delle regioni celesti gridavano: O Cristo datore di vita, Dio nostro, gloria a te.
Kontàkion della festa:
Mi sono stoltamente escluso della tua gloria paterna e ho dissipato nel male la ricchezza che mi hai trasmesso; per questo a te presento le parole del figliol prodigo: Ho peccato davanti a te, padre pietoso: ricevimi nella penitenza, e trattami  come uno dei tuoi mercenari.
Letture:
Dalla prima Lettera di Paolo ai Corinzi(I Corinzi 6, 12-20)
F
ratelli, tutto mi è lecito ma non tutto giova; tutto mi è lecito, ma io non sarò dominato da qualcuno. Il mangiare per lo stomaco e lo stomaco per il mangiare, ma Dio distruggerà questo e quelli! Il corpo non è per l’immoralità, bensì per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio ha risuscitato il Signore e risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di prostituta? Non sia! Non sapete che chi si unisce a una prostituta forma un corpo solo? I due – dice - saranno in una sola carne. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite l’immoralità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del corpo; ma chi si dà all’immoralità pecca nel proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio del Santo Spirito che è in voi, che avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a prezzo! Glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che sono di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (Luca 15, 11-32)
I
l Signore ha detto questa parabola: “Un uomo aveva due figli. Il minore di loro disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta. Ed egli divise fra loro il patrimonio. Dopo non molti giorni, il figlio minore raccolse ogni cosa e partì in viaggio per un paese lontano e lì sperperò la sua sostanza, vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, ci fu una forte carestia in quel paese, ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Andò e si mise con uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nelle sue campagne a pascolare i porci. E bramava sfamarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Rientrato in sé, disse: Quanti salariati di mio padre hanno abbondanza di pane e io muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato figlio tuo, trattami come uno dei tuoi salariati. Si alzò e venne da suo padre. Mentre ancora era lontano, lo vide suo padre e si commosse; di corsa gli si gettò al collo e lo coprì di baci. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e dinanzi a te, non sono più degno di essere chiamato figlio tuo. Ma il padre disse ai suoi servi: Portate la veste, la prima, e vestitelo; dategli in mano l’anello e sandali ai piedi, portate e macellate il vitello grasso, mangiamo e facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore era in campagna e quando venendo fu vicino a casa, udì musica e balli, e chiamato uno dei servi s’informò cosa fosse. Quello gli disse: Tuo fratello è venuto e tuo padre ha macellato il vitello grasso perché lo ha riavuto salvo. Egli si adirò e non voleva entrare. Uscì suo padre a pregarlo. Egli rispose e disse a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e mai ho trasgredito un tuo comando, e mai mi hai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma appena è venuto questo tuo figlio che ti ha mangiato la vita con le prostitute, per lui hai macellato il vitello grasso. Gli disse il padre: Figlio, tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato trovato”.

Nessun commento:

Posta un commento

Λόγου έλλειψης χρόνου ίσως δεν απαντήσουμε στα σχόλια σας. Να ξέρετε όμως ότι είναι πάντα καλοδεχούμενα και ότι πάντα τα διαβάζουμε. Ευχαριστούμε πάρα πολύ ! Per mancanza di tempo potremmo non rispondere ai vostri commenti. Dovete però sapere che i vostri commenti sono sempre benvenuti e che vengono letti sempre. Grazie mille !